Residenza fiscale e regimi fiscali agevolati: i nuovi criteri di collegamento trovano applicazione solo dal 2024

5 Novembre 2024

I nuovi criteri di collegamento per attrare in Italia la residenza fiscale delle persone fisiche trovano applicazione per quel che concerne la possibilità di beneficiare dei regimi agevolativi da parte delle persone che trasferiscono la residenza in Italia, solo per i periodi d’imposta 2024 e successivi.

È questo l’importante chiarimento reso dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare del 4 novembre 2024, n. 20 in ordine alla revisione della disciplina dettata dall’articolo 2 del TUIR operata dal DLgs n. 209/2023, in attuazione della legge delega per la riforma fiscale.

È noto che l’ordinamento tributario italiano prevede degli specifici regimi agevolativi per le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia, quali:

  1. Il regime di cui all’articolo 24-bis del TUIR, che regolamenta l’“Opzione per l’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia”;
  2. Il regime di cui all’articolo 24-ter del TUIR, che disciplina l’“Opzione per l’imposta sostitutiva sui redditi delle persone fisiche titolari di redditi da pensione di fonte estera che trasferiscono la propria residenza fiscale nel Mezzogiorno”;
  3. Ed infine il regime di cui all’articolo 5 del DLgs n. 206/2023, che prevede il “Nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati”.

Tali regimi, pur differendosi per la platea dei potenziali beneficiari, presentano in comune il requisito secondo cui i relativi destinatari non devono essere stati residenti fiscalmente in Italia per un dato lasso temporale negli anni antecedenti a quello di accesso agli stessi.

Il dubbio che gli operatori del settore si sono posti è quale sia la nozione di residenza fiscale da considerare a decorrere dal 2024, ossia se con riferimento a contribuenti che traferiscono la residenza fiscale in Italia da tale anno, la verifica della mancata residenza fiscale in Italia negli anni precedenti debba essere effettuata tenendo in considerazione i “vecchi” o i “nuovi” criteri di collegamento con il territorio dello Stato.

Il quesito, sin da subito, è apparso non di poco conto se si considera che secondo la formulazione dell’articolo 2, comma 2 del TUIR vigente fino al 31 dicembre 2024, una fisica era considerata fiscalmente residente in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta:

  1. era iscritta nell’anagrafe della popolazione residente;
  2. aveva nel territorio dello Stato italiano il proprio domicilio;
  3. aveva territorio dello Stato italiano la propria residenza.

Per la qualificazione dei concetti di “residenza”, e “domicilio” il legislatore per rimandava alle previsioni codicistiche, in ossequio delle quali la “residenza” è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale e il “domicilio” deve essere inteso con il luogo ove la persona ha i suoi interessi economici e personali.

A decorrere dal 1° gennaio 2024, invece, una fisica è considerata fiscalmente residente in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta, ha in Italia:

  • la residenza ai sensi del Codice civile;
  • il domicilio, da intendersi – secondo quanto previsto dal legislatore delegato - unicamente come il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona;
  • è ivi presente,

Non solo, ma l’iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente diviene una presunzione relativa, ossia viene previsto che salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.

La Circolare ha chiarito che i nuovi criteri per attrarre la residenza fiscale in Italia trovano applicazione solo per i periodi d’imposta 2024 e successivi; il che in termini operativi vuol dire che una persona fisica che trasferisce la residenza fiscale in Italia 2024, può beneficiare dei citati regimi agevolativi a condizione che soddisfi la condizione della “mancata” residenza in Italia per determinati anni precedenti, verifica quest’ultima che deve essere considerata sulla base dalla normativa vigente fino al 2023.

Pertanto, per i periodi antecedenti al 2023, la mera iscrizione all’anagrafe della popolazione residente costituisce presunzione assoluta per attrarre la residenza fiscale in Italia con riferimento ai regimi fiscali di cui agli articoli 24-bis e 24-ter del TUIR.

Tuttavia – come chiarito dall’Agenzia delle Entrate - con riferimento al regime dei “nuovi impatriati” di cui all’articolo 5 del DLgs n. 2029/2023, tale criterio è temperato dalla previsione contenuta nel comma 6 dello stesso, secondo la quale il contribuente che intende accedervi può dimostrare di non essere stato fiscalmente residente in Italia nei periodi oggetto di monitoraggio provando di aver avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.

Analoga previsione è contenuta per i cittadini italiani rientrati in Italia a decorrere dal 2020 nel comma 5-ter dell’articolo 16 del DLgs n. 147/2015, disciplina che continua a trovare applicazione nei confronti dei soggetti che hanno trasferito la loro residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre 2023. Anche questi ultimi soggetti, infatti, possono accedere al regime speciale per lavoratori impatriati qualora abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una Convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per i periodi d’imposta richiesti dal citato articolo 16.

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