Contratto preliminare e contratto definitivo: imposta di registro unica se sugli acconti è dovuta in misura fissa

19 Marzo 2025

Dal 1° gennaio 2025, imposta di registro con una sola aliquota dello 0,5% nel caso di registrazione del contratto preliminare di compravendita con versamento di somme a titolo di acconto o caparra confirmatoria non soggette ad IVA. E ciò al fine di evitare che l’imposta assolta in sede di stipula del preliminare debba essere rimborsata in sede di stipula del contratto definitivo, ipotesi questa che si verifica per i contratti relativi ad operazioni soggette ad IVA.

È questa la conferma della ratio sottesa alla modifica legislativa introdotta dal DLgs n. 139/2024 all’articolo 10, della tariffa, parte prima allegata al TUR, in ordine alla misura dell’imposta dovuta per la registrazione dei contratti preliminari, fornita dall’Agenzia delle Entrate, con la Circolare del marzo 2025, n. 2/E.

Come noto il suddetto articolo 10 dispone che i contratti preliminari di ogni specie sono compresi fra gli atti soggetti all’obbligo della registrazione in termine fisso. L’imposta dovuta per questi atti è quella fissa, attualmente pari a 200 euro. Tuttavia, la nota all’articolo 10 prevede l’applicazione di un’imposta ulteriore per le ipotesi in cui i contratti in questione prevedano la dazione di somme a titolo di acconti di prezzo, o di caparra confirmatoria.

Nella versione della norma previgente alle modifiche in commento, si prevedeva che la misura dell’imposta di registro doveva essere pari:

  • allo 0,5% nel caso di previsione nel preliminare di dazioni di denaro a titolo di caparra confirmatoria;
  • al 3%, invece, nel caso di previsione nel preliminare di somme a titolo di acconto non soggette a IVA.

Secondo quanto rilevato dal Notariato, nello Studio n. 122/2024/T la differenziazione del trattamento impositivo applicabile alle somme versate al preliminare, a seconda della loro riconducibilità a caparre o acconti, ha generato “un nutrito contenzioso sull’interpretazione delle clausole contrattuali”, nonché un importante effetto distorsivo, dal momento che le parti tendevano a evitare di prevedere acconti nei contratti preliminari soggetti a registro, al fine di non corrispondere l’imposta di registro nella misura del 3%, mentre nei contratti imponibili a IVA preferivano prevedere acconti (e non caparre), per applicare l’IVA ed evitare l’imposta di registro proporzionale che, poi, secondo l’orientamento prevalente, non sarebbe stato possibile recuperare sul definitivo, in quanto soggetto a registro fisso.

Questa imposta – come rilevato anche da Assonime nella Circolare n. 22/2024 - ha connotati del tutto particolari perché l’importo pagato viene imputato all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo. In sostanza, si tratta di un’imposta in acconto di quella che risulterà dovuta per il contratto oggetto del preliminare, se ovviamente questo contratto sarà effettivamente stipulato.

Tale disciplina, come in più occasione rilevato dalla Corte di Cassazione, (cfr. ex multis, ordinanza n. 17904/2021) trova la sua ratio nel fatto che il contratto preliminare dà avvio ad un rapporto giuridico complesso che comprende il contratto definitivo, che, di conseguenza, la capacità contributiva manifestata da questa operazione è unica ed è espressa dalla sequenza “preliminare/definitivo” rappresentata dal trasferimento di ricchezza che si realizza al momento della stipula del definitivo.

Di conseguenza, la tassazione del preliminare non dovrebbe comunque portare a una imposizione superiore a quella propria del definitivo. Tuttavia, si può verificare il caso in cui – in applicazione del principio stabilito dall’ultimo periodo della nota dell’articolo 10 secondo il quale l’imposta di registro pagata in misura proporzionale per caparre ed acconti deve essere imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo -  nei casi in cui il contratto definitivo fosse soggetto ad IVA, e dunque, per il principio di alternatività, soggetto a imposta di registro in misura fissa, veniva a mancare un’imposta proporzionale da cui scomputare quella pagata in sede di preliminare.

Questa situazione si poteva presentare sia quando il preliminare prevedeva il pagamento di una caparra confirmatoria – che, come detto, non costituisce presupposto dell’IVA – sia in particolari situazioni nelle quali il preliminare prevedeva un acconto non soggetto a IVA, mentre il saldo era soggetto a IVA. Sebbene alcune controversine erano sorte in ordine alla restituzione dell’imposta di registro, la Corte di Cassazione ha comunque sempre ammesso la stessa. Tuttavia, rimaneva questa anomalia rappresentata dalla possibilità che l’anticipazione del carico tributario in sede di contratto preliminare risultasse superiore a quello che avrebbe scontato idealmente il contratto in sede di definitivo, anche quando tale situazione fosse prevedibile alla stipula del preliminare.

In tale scenario è intervenuto il legislatore delegato che ha apportato due modifiche alla nota dell’articolo 10 in parola:

  1. la prima l’applicazione di un’aliquota unica dello 0,5% applicabile sia in caso di pagamento di caparre confirmatorie che di somme di denaro a titolo di acconto;
  2. la seconda che dispone che dispone che l’imposta proporzionale non può superare l’imposta applicabile per il contratto definitivo. Più precisamente, la nota dispone che “si applica l’aliquota dello 0,5 per cento o la minore imposta applicabile per il contratto definitivo”. In tal modo si evita il problema di dover recuperare un’imposta che non sarà possibile scomputare da quella dovuta per il contratto definitivo.

Tale previsione, come rilevato anche dall’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 2/E/2025, è finalizzata ad evitare che l’imposta assolta in sede di stipula del preliminare debba essere rimborsata in sede di stipula del contratto definitivo, ipotesi questa che si verifica per i contratti relativi ad operazioni soggette ad IVA.

In altri termini, il contratto preliminare con cui ci si impegna a stipulare un definitivo imponibile a IVA ove preveda la dazione di caparre e/o acconti, sconta solo l’imposta di registro fissa, in quanto il definitivo applicherà l’imposta di registro in questa misura.

Inoltre, secondo quanto si legge nello Studio del Notariato, l’accoglimento della suddetta tesi dell’unitarietà tra preliminare e definitivo, implica che, nel caso in cui l’imposta sugli acconti risulti dovuta in misura fissa, l’imposizione sul preliminare si risolva nell’applicazione di una sola imposta fissa sul contratto, non potendosi raddoppiare l’imposta fissa, in presenza di una sola manifestazione di capacità contributiva.

RDP

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