Esteso l’ambito applicativo del meccanismo del reverse charge a tutti gli appalti di trasporto delle merci. È quanto prevede il decreto-legge del 17 giugno 2025, n. 84 (“Decreto fiscale”) che ha eliminato dal dettato della lett. a-quinquies, comma 6, dell’articolo 17, del DPR n. 633/1972, i vigenti vincoli applicativi legati alle caratteristiche contrattuali della prevalenza di manodopera e dell’utilizzo dei beni strumentali di proprietà del committente, in quanto si tratta di caratteristiche oggettive del contratto non riscontrabili nei tradizionali appalti di trasporto merci. Ma andiamo con ordine. La Legge di bilancio per il 2025 (legge n. 207/2024, art. 1, co. 57 – 63) ha esteso, con alcune eccezioni, l’applicazione del meccanismo del reverse charge alle prestazioni di servizi effettuate tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali caratterizzati da un prevalente utilizzo di manodopera e beni strumentali di proprietà del committente, rese nei confronti di imprese che svolgono attività di trasporto e movimentazione merci e servizi di logistica. L’efficacia della disposizione è subordinata al rilascio di autorizzazione da parte del Consiglio dell’Unione europea. Tale previsione legislativa viene introdotta con l’intento di porre un freno alle frodi IVA che riguardano appalti di fornitura di manodopera che nel corso degli ultimi anni sono stati oggetto di significative contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, simulerebbero, invece, una prestazione di somministrazione di manodopera. Dal momento che la somministrazione di manodopera è un’attività riservata a operatori specializzati e che richiede apposita autorizzazione ministeriale, nella maggior parte dei casi tale somministrazione sarebbe “illecita”. Capita spesso che i fornitori di queste attività sono soggetti di piccole dimensioni, di fatto operando sotto il controllo e la direzione del committente, e con irregolarità sul piano contributivo e fiscale. Da qui ne consegue il disconoscimento del contratto di appalto o sub-appalto, con contestazione dell’IVA detratta in capo al committente e applicazione delle sanzioni amministrative e penali. In attesa dell’autorizzazione da parte della UE, il decreto fiscale è intervenuto sul perimetro applicativo della norma, stabilendo che il reverse charge si applica alle prestazioni di servizi effettuate tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati, rese nei confronti di imprese che svolgono attività di trasporto e movimentazione di merci e prestazione di servizi di logistica. L’eliminazione dei vigenti vincoli applicativi legati alle caratteristiche contrattuali della prevalenza di manodopera e dell’utilizzo dei beni strumentali di proprietà del committente, viene giustificata, nella relazione illustrativa al decreto nel fatto che queste sono caratteristiche oggettive del contratto non riscontrabili nei tradizionali appalti di trasporto merci. In attesa della sua piena operatività della norma, il legislatore della legge di bilancio 2025 ha introdotto un regime transitorio, in applicazione del quale il prestatore e il committente possono optare, per un periodo di tre anni, affinché il pagamento dell’IVA sulle prestazioni rese venga effettuato dal committente in nome e per conto del prestatore, che è solidalmente responsabile dell’imposta dovuta. Pertanto, la fattura viene emessa dal prestatore e l’imposta è versata dal soggetto committente, senza possibilità di compensazione. Nel caso in cui l’imposta risulti non risulti dovuta, il diritto al rimborso spetta al soggetto committente a condizione che esso dimostri l’effettivo versamento dell’imposta. Nei confronti del committente si rende applicabile la sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro, del cui pagamento è solidalmente tenuto il prestatore. Il decreto fiscale è intervenuto anche in argomento precisando che l’opzione per il regime transitorio può essere facoltativamente esercitato, bilateralmente, anche da tutti i soggetti presenti nella catena dei subappalti. La facoltà esercitata da un subappaltatore non è infatti subordinata alla circostanza che dell’esercizio della medesima opzione si siano avvalsi anche tutti gli altri subappaltanti e subappaltatori, né, necessariamente, il committente e il primo appaltatore. Pertanto, l’esercizio dell’opzione da parte del committente e del primo appaltatore non rappresenta una condizione necessaria affinché anche nei rapporti di subappalto possa essere esercitata la medesima facoltà. RDPLa fattispecie in esame è stata già in passato oggetto di attenzione da parte del legislatore che con l’intento di contrastare l’interposizione di manodopera illecita e tutelare l’Erario contro il mancato versamento delle ritenute fiscali da parte di imprese appaltatrici e subappaltatrici o comunque impiegate nell’esecuzione di opere e servizi, ha introdotto nel 2019 l’articolo 17-bis del DLgs n. 241/1997 che pone a carico del committente l’obbligo della verifica del versamento delle suddette ritenute.