IVA e permuta: il valore normale cede il posto al costo dei beni e/servizi scambiati. È questa la novità contenuta nell’articolo 35, della Legge di bilancio 2026, nella versione approvata dal Consiglio dei Ministri il 17 ottobre 2025, che finalmente allinea la normativa domestica a quella unionale. Infatti, intervenendo sul dettato dell’articolo 13, comma 2, lett. d) del DPR n. 633/1972, il legislatore della legge di bilancio per l’anno 2026, dispone che la base imponibile IVA delle operazioni permutative, in cui le cessioni di beni e le prestazioni di servizio sono effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizio o per estinguere precedenti obbligazioni, non è più pari al valore normale dei beni e servizi scambiati, ma è determinato per ciascuna di esse dall’ammontare complessivo di tutti i costi riferibili a tali cessioni o prestazioni. La questione non è certamente nuova, se si tiene conto con il working paper n. 1107/2025 la Commissione Europea si è già espressa, su istanza dell’Italia, in merito alla determinazione della base imponibile IVA da applicarsi alle operazioni permutative di cui all’articolo 11 del DPR n. 633/1972. L’articolo 13 del decreto IVA dispone che la base imponibile delle operazioni permutative è rappresentata dal valore normale dei beni o servizi che ne costituiscono oggetto, ossia l’importo che l’acquirente dovrebbe pagare per acquistarli sul mercato, allo stesso stadio della commercializzazione. La determinazione di tale valore diventa più complessa nel caso in cui non vi siano beni o servizi analoghi da assumere quale riferimento; al ricorrere di tale ipotesi, infatti, la base imponibile è data dal prezzo di acquisto o al costo, se si tratta di beni e alle spese sostenute per la relativa esecuzione, se si tratta di servizi. L’Italia ha rilevato che le operazioni permutative si realizzano spesso tra soggetti che, in virtù della reciproca connessione, talvolta sono partecipi di frodi o evasione. Per tali ragioni l’Italia ha chiesto alla Commissione UE di poter considerare quale base imponibile delle operazioni permutative il valore determinato ai sensi ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 80 della Direttiva 2006/112/CE, il quale – pur non essendo espressamente riferito alle operazioni permutative – prevede che in caso di divergenza tra valore normale e corrispettivo, in operazioni tra parti correlate e in presenza di limitazioni alla detrazione, la base imponibile possa identificarsi nel valore normale. L’Italia ha chiesto di assumere parametri esterni o tariffe quali indici per il raffronto con il costo e non il corrispettivo dei beni o servizi offerti in permuta. Tale posizione non solo ha trovato conferma nella Commissione UE, ma anche nelle molteplici posizioni assunte in materia da parte della Corte di Giustizia UE, nelle quali i giudici unionali hanno statuito che il ricorso al criterio del valore normale in luogo del valore monetario soggettivo può essere normativamente o a seguito di accertamento richiesto solo nei casi tassativamente previsti dall’articolo 80 della Direttiva IVA. Nel caso di permuta, sempre ad avviso dei giudici unionali, il valore da attribuire alle operazioni di cui la stessa si compone coincide con quello che il beneficiario attribuisce ai beni e servizi acquisiti ovvero a quanto esso è disposto a pagare per tali beni e servizi. Ora, la legge di bilancio 2026 adegua la norma nazionale, sia ai dettami della direttiva IVA che a quelli espressi dalla Commissione UE e della Corte di Giustizia UE, e dispone che nelle operazioni permutative il valore normale viene sostituito dall’ammontare complessivo di tutti i costi riferibili ai beni e servizi scambiati. Dette modifiche si applicano alle operazioni effettuate successivamente alla data di entrata in vigore dell’articolo 35 in parola (ossia dal 1° gennaio 2026). Il legislatore fa comunque salvi i comportamenti pregressi adottati anteriormente alla data di entrata delle modifiche in parola.