Atti di recupero: termine lungo per crediti non spettanti e inesistenti

15 Novembre 2023

Nella seduta del 3 novembre 2023, il Consiglio dei Ministri, su proposta del MEF, ha approvato, in esame preliminare, uno schema di decreto legislativo in materia di procedimento accertativo. La bozza di decreto prevede l’introduzione dell’art. 38-bis del DPR n. 600/1973, rubricato “Atti di recupero”, norma finalizzata a uniformare la disciplina degli atti di recupero. La novità più significativa è l’individuazione di un unico termine per la notifica degli atti di recupero relativi tanto a crediti inesistenti quanto a quelli non spettanti, che viene identificato nel 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo.

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La bozza di decreto legislativo recante i principi e i criteri in materia di procedimento accertativo, di adesione e di adempimento spontaneo, approvata in via preliminare dal Consiglio dei ministri, il 3 novembre 2023, prevede l’introduzione nel DPR n. 600/1973 del nuovo articolo 38-bis, emblematicamente rubricato “Atti di recupero”.

La finalità sottesa all’introduzione di tale norma è quella di prevedere nell’ordinamento tributario, un unico procedimento accertativo finalizzato al recupero di:

  1. crediti non spettanti, inesistenti o indebitamente compensati (in tutto o in parte);
  2. tasse, imposte e importi non versati;
  3. contributi e agevolazioni fiscali indebitamente percepiti o fruiti;
  4. cessioni di crediti d’imposta in assenza dei relativi requisiti.

In tutti i predetti casi, l’atto impositivo, avente altresì efficacia esattiva, sarà l’atto di recupero.

In prima istanza, non può non evidenziarsi come l’impatto più significativo di tale norma sia quello di adeguare il termine di decadenza dell’accertamento dei crediti non spettanti a quello previsto per i crediti inesistenti.

Infatti, oggi tali fattispecie sono regolate da discipline diverse: per i crediti non spettanti si applica la norma comune sul termine di decadenza dalla potestà accertativa (cfr. art. 43, c. 1, del DPR n. 600/1973) secondo la quale “gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione”), mentre, per i crediti inesistenti, la norma di riferimento si individua nell’articolo 27, comma. 16, del DL n. 185/2008, che dispone che “per i crediti inesistenti indebitamente compensati, l’atto vada notificato a pena di decadenza entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello in cui è avvenuta la compensazione”.

Per effetto della novella in commento, il termine di decadenza dell’attività accertativa dovrebbe attestarsi, in entrambi i casi, nel “31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo”.

La descritta previsione di uniformità è finalizzata a risolvere le criticità derivanti dall’ambiguo perimetro di definizione della categoria di credito non spettante rispetto a quella di credito inesistente.

Infatti, la posizione della Corte di Cassazione espressa in materia è stata nel corso degli anni ondivaga. Originariamente i giudici di legittimità hanno affermato che è “priva di fondamento logico-giuridico la distinzione tra credito non spettante e credito inesistente” (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 24093/2020), passando per un tentativo di precisa circoscrizione del credito inesistente (cioè “il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo […] e la cui inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del d.P.R. 600/1973”), fino a giungere di recente alle due ordinanze di remissione alle Sezioni Unite pronunciate nel mese di dicembre 2022 e a febbraio 2023, le quali sono, senza dubbio, la chiara espressione della perdurante incertezza che connota la ricerca di un’esatta e puntuale definizione delle due nozioni in commento.

A prescindere dalla prefata uniformità tra i termini di decadenza per la notifica dell’atto di recupero, la distinzione tra credito non spettante e credito inesistente continuerà a spiegare i propri effetti, quantomeno sul versante penale sulla base di quanto previsto dall’art. 10-quater del DLgs n. 74/2000.

Tanto detto non può però tacersi come l’adeguamento “al rialzo” dei termini di notifica dell’atto di recupero dei crediti non spettanti sia espressione di un atteggiamento afflittivo nei confronti del contribuente. In altri termini, il legislatore delegato, uniformando i termini per la decadenza dell’attività accertativa per il recupero sia dei crediti non spettanti sia dei crediti inesistenti, si è discostato da quanto previsto a livello penale, non considerando la diversa gravità del comportamento assunto dal contribuente.

Inoltre, dal dettato normativo sembra emergere una criticità logica. L’articolo 38-bis alla lettera g) dispone che la notifica di atti di recupero relativi a tasse, imposte e importi non versati, compresi quelli relativi a contributi e agevolazioni fiscali indebitamente percepiti o fruiti ovvero a cessioni di crediti di imposta in mancanza dei requisiti deve avvenire entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione.

La norma quindi esclude, al ricorrere delle suddette fattispecie, l’applicazione del termine di decadenza più lungo (8 anni) previsto per la notifica degli atti di recupero di crediti non spettanti e di crediti inesistenti utilizzati in compensazione nel modello F24.

Una lettura sistematica della disposizione in parola porterebbe l’interprete a sostenere che l’applicazione del termine ordinario quinquennale sia riservata ai residuali casi di cessione illegittima (“in mancanza dei requisiti”) di crediti che siano sostanzialmente esistenti.

Tuttavia, queste ultime fattispecie sono ad oggi ricomprese nella nozione di credito non spettante (vedasi, inter alia, il caso trattato dall’Agenzia delle entrate, nella Risposta a istanza di interpello n. 348/2023): occorrerebbe, quindi, un intervento chiarificatore per individuare, mercè le nuove disposizioni, a quali casi sia circoscritta la nozione di credito non spettante.

Tra le altre novità apportate dall’art. 38-bis figurano:

  • l’esplicita applicazione della definizione agevolata delle sanzioni (di cui agli artt. 16, c. 3, e 17, c. 2, del d.lgs. 472/97) per le sanzioni irrogate in relazione alle fattispecie descritte nella nuova norma nei casi, rispettivamente, di irrogazione tramite atto di contestazione e di irrogazione immediata per le sanzioni correlate al tributo;
  • la mancata applicazione, agli atti di recupero, del meccanismo di riscossione frazionata del tributo in pendenza del processo di cui all’art. 15 del DPR n. 602/1973. La lettera d) del nuovo art. 38-bis prevede infatti che il pagamento delle somme esposte nell’atto di recupero debba avvenire entro il termine utile alla proposizione del ricorso e che, in difetto di pagamento, le stesse somme siano iscritte nei ruoli straordinari ex art. 15-bis del DPR n. 602/1973 anche se l’atto non è definitivo.

In ultima istanza, occorre sottolineare che l’articolo 8 del DLgs n. 218/97 in tema di accertamento con adesione, nella versione che presumibilmente entrerà in vigore in forza della bozza di decreto legislativo qui in commento, oltre a disporre l’applicazione del procedimento con riferimento agli atti di recupero (questione fino ad oggi strenuamente dibattuta in giurisprudenza) prevede che, in seguito all’adesione ad un atto di recupero, non sarà possibile avvalersi del pagamento rateizzato o tramite compensazione.

A.P.

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