Concordato preventivo biennale: vantaggi reali o solo potenziali?

22 Novembre 2023

Per molti ma non per tutti. L’accesso al concordato preventivo biennale – la cui disciplina è dettata dalla bozza di decreto legislativo recante i principi e i criteri in materia di procedimento accertativo, di adesione e di adempimento spontaneo, approvata in via preliminare dal Consiglio dei ministri il 3 novembre 2023 – sarà consentito solo ai contribuenti di minori dimensioni e più specificamente a quelli per i quali si applicano gli ISA, che nel periodo d’imposta precedente a quello a cui si riferisce la proposta di concordato hanno ottenuto un punteggio di affidabilità fiscale almeno pari a 8 e non hanno avuto debiti tributari o contributivi pari o superiori a euro 5.000.

Si possono così sintetizzare le chiavi d’accesso al concordato, che si preannuncia essere uno dei cavalli di battaglia della riforma fiscale messa in atto dal Governo, e che senza dubbio rappresenta uno strumento finalizzato ad instaurare un clima di reciproca collaborazione tra Fisco e contribuente, essenzialmente improntata alla trasparenza.

La platea dei potenziali fruitori del concordato si dovrebbe attestare intorno a 3,1 milioni di contribuenti (imprese e lavoratori autonomi), permettendo così di ridurre in maniera significativa la propensione all’evasione fiscale ancora troppo elevata nel Paese, e di ricavare un maggior gettito di circa 760,50 milioni di euro.

Certo, il successo del concordato preventivo dipenderà molto da quelli che sono i reali vantaggi/benefici che i contribuenti conseguiranno dall’adesione allo stesso. Vantaggi reali o solo potenziali?

Andiamo, pertanto, ad indagare sul funzionamento dell’istituto in parola per poterne cogliere il reale impatto.

Soggetti ammessi al concordato

I soggetti ammessi al concordato preventivo biennali sono:

  • le persone fisiche o giuridiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni ai quali si applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA); e
  • i contribuenti che aderisco al regime forfetario di cui all’art. 1, co. 54-89 della Legge n. 190/2014.

Con specifico riferimento ai soggetti a cui applicano gli ISA, l’accesso al concordato è subordinato al rispetto delle seguenti condizioni:

  • abbiano ottenuto un punteggio di affidabilità fiscale pari almeno a 8 sulla base dei dati comunicati. A tali fini, ovvero per il conseguimento di un miglior punteggio di affidabilità fiscale, è sempre possibile integrare i dati comunicati con l’indicazione di ulteriori componenti positivi non risultanti dalle scritture contabili;
  • non abbiano debiti tributari ovvero hanno estinto quelli che tra essi sono d’importo complessivamente pari o superiore a 5.000 euro per tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, compresi interessi e sanzioni, ovvero per contributi previdenziali definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione. Non rientrano nel suddetto limite di 5.000 euro i debiti sospesi o rateizzati.

Altre cause inibiscono l’accesso al concordato ai contribuenti che si trovano in situazioni di scarsa affidabilità e, segnatamente si tratta dei contribuenti che:

  • non hanno presentato la dichiarazione dei redditi per almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti a quello di applicazione del concordato, in presenza dell’obbligo di effettuare tale adempimento (es. dal 2021 al 2023, per il concordato valido per il biennio 2024-2025);
  • nei tre periodi d’imposta antecedenti a quello di applicazione del concordato sono stati condannati (o hanno patteggiato) per reati tributari, di false comunicazioni sociali o di riciclaggio.

Relativamente ai contribuenti che aderiscono al regime forfettario, il loro accesso al concordato è subordinato al fatto che gli stessi svolgano l’attività da più di due periodi d’imposta rispetto a quello di adesione al concordato stesso.

Il calendario del concordato

I tempi dettati dal legislatore delegato per il perfezionamento della proposta di concordato sono davvero stretti, se solo si pensa che il contribuente avrà a disposizione solo 5 giorni prima della scadenza dei termini per aderire o meno alla proposta formulata dall’Agenzia delle entrate.

Ma entriamo più nel dettaglio del serrato calendario dettato dalla bozza di decreto in parola:

  • l’Agenzia delle entrate – entro il 15 marzo di ciascun anno (entro aprile per il 2024) – formulerà una proposta per la definizione biennale del reddito derivante dall’esercizio d’impresa o dall’esercizio di arti e professioni e del valore della produzione netta rilevanti, rispettivamente, ai fini IRES ed IRAP e la metterà a disposizione dei contribuenti o dei loro intermediari, mediante l’utilizzo di appositi programmi informatici per l’acquisizione dei dati necessari per l’elaborazione della proposta;
  • la proposta di concordato sarà elaborata dall’Agenzia delle entrate, tenuto conto dei dati dichiarati dal contribuente entro il 10° giorno precedente il termine del 30 giugno (per il 2024 tale termine è posticipato di un mese). Per elaborare la proposta verrà utilizzata una metodologia che valorizza le informazioni già nella disponibilità dell’Amministrazione finanziaria e/o presenti nelle varie banche dati di cui dispone (quindi non ci dovrebbero essere nuovi adempimenti dichiarativi);
  • la proposta verrà inviata al contribuente entro il 5° giorno antecedente il termine di accettazione da parte del contribuente che è fissato al 30 giugno (posticipato di un mese per il 2024);
  • nel caso in cui nella dichiarazione dei redditi siano stati indicati dati non corrispondenti a quelli comunicati, ai fini della definizione della proposta di concordato, non sarà possibile accedere al concordato stesso.

Determinazione del reddito “concordato”

Ferme restando le consuete regole per determinare il reddito di lavoro autonomo e del reddito d’impresa previste dal TUIR, per i soggetti che decidono di aderire al concordato preventivo, ai fini del reddito “concordato” non si terrà conto dei valori relativi a:

per la determinazione del reddito di lavoro autonomo

  • le plusvalenze e minusvalenze derivanti dalla cessione di beni strumentali;
  • i redditi o quote di redditi relativi a partecipazioni in società e associazioni.

per la determinazione del reddito d’impresa

  • le plusvalenze e minusvalenze e le sopravvenienze attive e passive;
  • i redditi o quote di redditi relativi a partecipazioni in società e associazioni.

Il saldo netto tra le plusvalenze e le minusvalenze, le sopravvenienze attive e passive, nonché i redditi derivanti dalle partecipazioni determinerà una corrispondente variazione del reddito concordato, ferma restando la dichiarazione di un reddito minimo di 2.000 euro (da ripartire pro quota tra i partecipanti in caso di società in trasparenza fiscale o associazioni).

Inoltre, gli eventuali maggiori o minori redditi effettivi, o maggiori o minori valori della produzione netta effettivi, rispetto a quelli oggetto del concordato, non rileveranno ai fini della determinazione delle imposte sui redditi e dell’IRAP, nonché dei contributi previdenziali obbligatori.

Va anche precisato che gli acconti d’imposta relativi ai periodi d’imposta oggetto del concordato saranno calcolati sulla base dei redditi e del valore della produzione netta concordati.

Effetti del concordato

Sebbene, dal punto di vista tecnico il meccanismo appena descritto risulti complesso, da un punto di vista operativo lo scambio tra fisco e contribuente potrebbe riassumersi in pochi step: (i) l’Agenzia delle entrate indica al contribuente il reddito rilevante adi fini delle imposte dirette e IRAP da dichiarare per l’anno in cui viene formalizzato il concordato e per il successivo e (ii) e il contribuente decide di accettare o meno.

Si precisa quindi che l’adesione al concordato non produce effetti ai fini IVA, la cui applicazione avviene secondo le regole ordinarie.

Nel caso positivo al contribuente sarà riservato un trattamento per così dire di favore, ossia riservato ai contribuenti ritenuti affidabili che di fatto prevede quanto segue.

L’accettazione della proposta obbliga il contribuente a dichiarare gli importi concordati nelle dichiarazioni dei redditi e dell’IRAP. Pertanto, gli eventuali maggiori o minori redditi effettivi conseguiti dal contribuente rispetto a quelli concordati con il fisco non assumono alcuna rilevanza né ai fini della determinazione delle imposte sui redditi e dell’IRAP, né dei contributi previdenziali obbligatori. Ciò in termini operativi vuol dire che in presenza di un’evoluzione in negativo della propria attività professionale o d’impresa, per effetto dell’accettazione della proposta di concordato dell’Agenzia, i contribuenti potrebbero trovarsi a versare imposte e contributi su di un reddito virtuale.

Ora, tale situazione potrebbe non avere una particolare rilevanza nel caso di “lievi” scostamenti tra il reddito concordato e il reddito effettivamente conseguito, rilevanza che invece potrebbe diventare significativa nel caso di scostamenti rilevanti, che non determinerebbero la cessazione automatica del concordato se non nel caso in cui i minori redditi effettivi siano eccedenti il 60% rispetto a quelli oggetto di concordato, ma solo nel caso in cui tale riduzione sia riconducibile a circostanze eccezionali (che saranno identificate con apposito decreto ministeriale).

Da qui, quindi, nasce la necessità di ponderare con prudenza e attenzione la decisione di aderire al concordato, soprattutto in presenza di situazioni in cui risulta probabile il rischio di default di alcuni creditori con conseguenze impossibilità di incasso di crediti connessi all’esercizio della propria attività d’impresa o della propria professione. In tal caso, infatti, l’adesione al concordato preventivo trasformerebbe il vantaggio di avere per un biennio già quantificato il reddito tassabile in un boomerang per le tasche del contribuente.

Inoltre, l’adesione al concordato comporta l’impossibilità per l’Amministrazione finanziaria di notificare al contribuente avvisi di accertamento per gli anni di vigenza dello stesso. Tuttavia, tale circostanza non esonera l’Amministrazione dal poter compiere attività ispettiva nei confronti di tali contribuenti (ad iniziare dai controlli automatizzati ex art. 36-bis del d.P.R. 600/73). Ciò in quanto da tale attività ispettiva potrebbero emergere elementi tali da causare la decadenza dal regime concordatario, come si vedrà.

Inoltre, per chi accetta la proposta formulata dall’Agenzia delle entrate è prevista l’esclusione dagli accertamenti basati su presunzioni semplici e dalla determinazione sintetica del reddito; la decadenza abbreviata degli accertamenti; l’esonero dal visto di conformità per le compensazioni e i rimborsi fino a 50.000 euro nell’IVA e fino a 20.000 euro nelle imposte dirette e l’esclusione dalle regole delle società non operative.

Si segnala, infine, che l’adesione al concordato non esonera i contribuenti dal regolare adempimento degli obblighi contabili e dichiarativi né dalla comunicazione dei dati per l’applicazione degli ISA (ciò, anche perché dall’adesione al concordato discendono automaticamente tutti i benefici previsti per i soggetti ISA ex art. 9-bis, c. 11, DL n. 50/2017).

Cessazione e decadenza del concordato

Cessazione e decadenza sono due ipotesi di interruzione del regime concordatario connotate da presupposti ed effetti diversi.

In particolare, la cessazione determina l’interruzione del regime nel periodo d’imposta in cui si verifica una delle seguenti situazioni:

  • modifica dell’attività svolta dal contribuente (a meno che per la nuova attività non sia applicabile il medesimo ISA utilizzato in sede di accesso al regime);
  • cessazione dell’attività.

La decadenza, invece, è un istituto che manifesta portata afflittiva nei confronti del contribuente e che comporta la cessazione degli effetti del regime per entrambi gli anni di vigenza del concordato (quindi con effetto retroattivo se la causa di decadenza si realizza nel secondo anno di efficacia del concordato).

In particolare, si decade dal concordato se:

  • a seguito di accertamento, nei periodi di imposta oggetto del concordato o in quello precedente, risulterà l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza o l’indeducibilità di passività dichiarate, per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati, ovvero risulteranno commesse altre violazioni di non lieve entità (appositamente elencate dalla norma);
  • a seguito di modifica o integrazione della dichiarazione dei redditi, i dati e le informazioni dichiarate dal contribuente, determineranno una quantificazione diversa dei redditi o del valore della produzione netta rispetto a quelli in base ai quali è avvenuta l’accettazione della proposta di concordato;
  • i contribuenti avranno debiti tributari o contributivi pari a o superiori a 5.000 euro oppure ricorrerà una delle ipotesi di esclusione e cioè:
  • mancata presentazione della dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato, in presenza dell’obbligo di effettuare tale adempimento;
  • condanna per uno dei reati tributari commessi in vigenza di concordato o negli tre periodi d’imposta;
  • si ometterà il versamento delle imposte relative ai redditi e al valore della produzione netta dovute a seguito dell’adesione al concordato preventivo biennale;
  • si incorrerà, per gli anni oggetto di concordato, in una delle violazioni tributarie specificamente previste dalla normativa (figurano, tra le altre, le fattispecie di omessa dichiarazione dei redditi, omessa dichiarazione IVA e omesso 770, nonché il mancato possesso o l’occultamento della documentazione contabile in sede di verifica fiscale).

AP e RDP

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