Reshoring: Assonime rende chiarimenti sulla decorrenza e l’ambito applicativo

11 Marzo 2024

La legge delega per la riforma fiscale (legge dell’9 agosto 2023, n. 111) all’art. 3 reca i princìpi e criteri direttivi per la riforma del sistema fiscale con riferimento agli aspetti internazionali e sovranazionali del sistema tributario.

Tra i vari principi e criteri direttivi della riforma si annovera anche quello di promuovere l’introduzione di misure volte a conformare il sistema di imposizione sul reddito a una maggiore competitività sul piano internazionale.

L’art. 6 del DLgs n. 209/2023 - al fine di promuovere lo svolgimento nel territorio dello Stato italiano di attività economiche - prevede che i redditi derivanti da attività d’impresa e dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata, svolte in un Paese estero non appartenente alla UE o allo SEE, trasferite nel territorio dello Stato, non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi (IRES/IRPEF) e IRAP per il 50% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al momento in cui avviene il trasferimento e nei 5 periodi d’imposta successivi (per un totale di 6 periodi d’imposta).

Si decade dall’agevolazione se il beneficiario trasferisce al di fuori del territorio dello Stato, anche parzialmente, le attività precedentemente «impatriate»:

  • nei cinque periodi d’imposta successivi alla scadenza del regime;
  • nei dieci periodi successivi se si tratta di Grandi Imprese (Raccomandazioni 2003/361/CE).

L’Amministrazione finanziaria in caso di decadenza dal regime agevolativo recupera le imposte non pagate in costanza di regime agevolato con i relativi interessi, senza l’applicazione di sanzioni.

Con la Circolare n. 4/2024 Assonime ha fornito interessanti spunti di riflessione – tra gli altri – in odine alla decorrenza dell’agevolazione e all’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione della stessa.

Decorrenza dell’agevolazione

Le disposizioni in commento si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del DLgs n. 209/2023, ossia dal periodo di imposta che inizia successivamente al 29 dicembre 2023.

Tuttavia, in considerazione del fatto che l’efficacia delle stesse è subordinata, ai sensi dell’art. 108, co. 3 del Trattato sul funzionamento della UE, all’autorizzazione della Commissione europea, sarà effettivamente possibile avvalersi dell’agevolazione soltanto dopo il rilascio della stessa.

A tal proposito, Assonime, nella Circolare n. 4/2024, ha rilevato come non sia chiaro se la decisione della Commissione possa consentire di agevolare solo i trasferimenti di attività in Italia che siano posti in essere dopo la sua adozione, ovvero anche quelli eventualmente intervenuti a partire dal 2024, ma in un momento antecedente rispetto all’autorizzazione. Anzi, a stretto rigore, se si adottasse l’impostazione di consentire l’accesso all’agevolazione, il tema si potrebbe porre anche per quelle imprese che abbiano trasferito l’attività in Italia prima del 2024 e che abbiano attivato la produzione nel 2024.

Ambito soggettivo e oggettivo

Con specifico riferimento all’ambito soggettivo di applicazione della detassazione in parola, l’art. 6 del DLgs n. 209/2023 dispone che la stessa coinvolge i redditi derivanti da attività d’impresa e dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata, svolte in un Paese estero non appartenente all’UE o allo Spazio economico europeo (Norvegia, Islanda o Liechtenstein) e trasferite nel territorio dello Stato.

In altri termini, come rilevato da Assonime, in coerenza con la logica sottesa all’agevolazione in commento, deve ritenersi che il nuovo regime agevolativo potrà trovare applicazione in caso di trasferimento di sede e attività in Italia di società estere non appartenenti alla UE e allo SEE.

Inoltre, Assonime ha chiarito che l’agevolazione si rivolge alle attività produttive e commerciali che fanno capo ad aziende o rami di azienda localizzati in un Paese extra UE o SEE che vengono ricollocate in Italia.

Di contro, non sarebbe agevolabile il trasferimento in Italia di singoli asset che, pur essendo fonte potenziale di reddito tassabile in Italia, non sono collegati all’esercizio di un’attività di impresa.

Pertanto, come sostenuto da Assonime, il trasferimento per essere agevolabile deve essere fisico, ritenendosi ininfluente la tassazione in Italia tramite, ad esempio, una stabile organizzazione estera o la disciplina delle CFC.

Più delicata e incerta è, invece, la questione relativa al fatto se nel perimetro applicativo dell’agevolazione possano rientrare anche gli asset che siano fonte di c.d. passive income (i.e. partecipazioni e intangibles) posseduti da una società residente in uno Stato extra-UE o SEE che trasferisce la propria residenza fiscale in Italia.

La questione è stata sollevata, in particolare, per le cd. holding statiche o per le cd. IP companies titolari di asset immateriali. In questi casi è vero che le società in questione si considerano, per presunzione assoluta, titolari di reddito di impresa. Occorre però tener conto del fatto che la finalità della disciplina in esame è quella di incentivare oggettivamente lo svolgimento di un’attività di impresa sul territorio italiano e che la norma agevolativa è stata considerata alla stregua di un aiuto di Stato per il quale è necessaria l’autorizzazione da parte della Commissione UE.

In quest’ottica, alcuni commentatori hanno prospettato che possa farsi riferimento di per sé alla nozione di impresa rilevante ai fini della disciplina degli aiuti di Stato e che possano pertanto assumere rilievo, tutte le attività economiche che, anche solo in astratto, siano suscettibili di essere esercitate da un’impresa e avere degli effetti sull’offerta di beni e servizi sul mercato. Con riferimento ad una holding di partecipazioni, ad esempio, per poter ravvisare la sussistenza di un’attività di impresa si dovrebbe accertare in punto di fatto se la titolarità delle partecipazioni sia accompagnata o meno da una capacità della holding di interferire direttamente o indirettamente nell’attività di impresa svolta dalle partecipate.

Un criterio alternativo, tuttavia, potrebbe essere desunto dal fatto che l’agevolazione richiede un radicamento dell’attività di impresa nel territorio dello Stato e che il nesso tra l’attività di impresa svolta in un territorio e la potestà impositiva di uno Stato è normalmente costituito dalla presenza di una stabile organizzazione. In considerazione di ciò, il test che potrebbe essere adottato per stabilire se l’attività è agevolabile o meno potrebbe essere quello di verificare se l’attività svolta in Italia da tali soggetti, in assenza di un trasferimento della residenza della holding o della IP company, avrebbe comunque assunto i connotati di una stabile organizzazione, superando le soglia di presenza fisica di cui all’art. 162 del TUIR.

Proseguendo nell’analisi dell’ambito soggettivo della norma, Assonime ha rimarcato che non possono beneficiare della detassazione, le attività esercitate nel territorio dello Stato nei 24 mesi antecedenti il loro trasferimento; tale preclusione è finalizzata ad evitare che società residenti in Paese extra-UE già operanti in Italia, strumentalmente ritrasferiscano all’estero le loro attività economiche per poi nuovamente reinsediarsi nel territorio dello Stato per beneficiare dell’agevolazione stessa.

Di conseguenza, l’attività trasferita non necessita di un tempo minimo di esercizio se avviata ab origine all’estero (Extra-UE/SSE).

In caso, invece, di avvio in Italia, occorre attendere almeno 24 mesi dal trasferimento all’estero prima del rimpatrio.

Su quest’ultimo aspetto Assonime ha specificato a che tale limite non dovrebbe valere per le attività avviate in uno stato UE e trasferite in paesi Extra-UE/SSE e poi riallocate in Italia.

Si segnala infine, che l’incentivo non agevola di per sé tutti gli investimenti esteri in Italia, ma solo quelli a cui corrisponde un contestuale disinvestimento nei Paesi extra UE o SEE con trasferimento in Italia dell’attività.

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